Quando sono in compagnia di amici e parlo del mio lavoro percepisco sempre un grande interesse nei confronti di quello che faccio e di quello che esso rappresenta.
Ho deciso, così, di sfruttare questo spazio per raccontarvi alcune storie che mi sono rimaste dentro, che mi hanno accompagnata in questi anni di esperienza.
Vi parlerò di storie passate e di altre più recenti, con la consapevolezza che il confronto – se pur virtuale – con persone che vivono la nostra stessa storia, riesca ad alleggerirne un po il peso e a tirar fuori la grinta di combattere la propria situazione.
Oggi vi racconto la storia di quello che chiamerò il Signor P.
Un giorno di circa dieci anni fa, accolgo il Signor P. nel mio ufficio.
Aveva un berretto di lana in testa dal quale fuoriuscivano numerose treccine. Le treccine erano cucite al berretto.
Mi spiegò che aveva grossi problemi di capelli, che li stava perdendo tutti. E mi accorsi che, in effetti, i suoi capelli erano davvero pochi.
Gli dissi da subito che era stato davvero ingegnoso, che l’idea era fantastica. Ma non potetti far a meno di soffermarmi sul disagio e la difficoltà che comportava: cappello di lana d’inverno, berretto di cotone d’estate, e tutte quelle treccine?
Il disagio di Signor P. era palese. La voglia di trovare una soluzione tangibile, la prova era in quel cappello che di soddisfacente aveva ben poco ma rappresentava la maschera dietro la quale ci si nasconde da un problema.
Oggi il signor P. ha una bella testa e la porta soddisfatto: i suoi capelli non sono nemmeno troppo corti, anzi, porta una cresta in mezzo al capo leggermente più lunga rispetto ai lati. I suoi capelli sono di un rosso ramato che mai avrebbe immaginato di portare.
Lo devo ammettere: mi piace.
Ciao Signor P. che ha perso totalmente la sua angoscia.